Il secondo album dei texani Institute va messo nel cassetto delle cose più fastidiose (in senso buono, se mi capite) e arroganti ascoltate nel 2017, insieme ai dischi di Uniform e Dead Cross. Le coordinate cadono ancora una volta dalle parti di un anarcho-punk alla Crass, la cui vena barricadera è appena mitigata, ma inspessita e incupita, da uno zoppicante, ruvido e finemente melodico post-punk. Il rumore è più tagliente e l’oscurità più penetrante che nel disco d’esordio (“Catharsis”, del 2015, uscito sempre per la fida Sacred Bones) e forse, anche per questo, le cose sembrano funzionare meglio. Si attende un terzo album con il botto, da queste parti, e chissà che non arrivi l’anno prossimo (sempre che i Nostri siano ancora attivi, ovviamente, non sono riuscito a trovare informazioni al riguardo: fatela voi una ricerca su facebook, piuttosto rimango col dubbio).
Intanto però potete gustarvi questo bel disco qua (ha senso solo a volumi scorticatimpani), se ancora non lo avete fatto. Inutile che io mi metta a citare un pezzo piuttosto che un altro, in meno di mezz’ora lo avrete ascoltato, goduto e digerito.
Ohibò! Finalmente un post su questi ‘mericani. Mi piacciono molto.
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Oh ecco, un altro cui piacciono gli Institute, pensavo d’esser solo…
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No no, direi che sono molto veri senza essere di moda.
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